La storia del Sushi

La storia del Sushi
Non si conosce con precisione l’epoca in cui il sushi si è diffuso in Giappone, ma è possibile ripercorrere le fasi più importanti dell’evoluzione del processo di conservazione e consumazione degli alimenti che hanno portato al sushi di moderna concezione.
La storia della cucina giapponese inizia intorno al IV secolo a.C. quando
Storia del Sushi
gli abitanti del Giappone vivono ancora di caccia e pesca e nuove popolazioni sbarcate dalla Cina introducono una pianta che sarà la base della cucina nazionale: il riso.

Nel VI secolo dopo Cristo, con l’avvento del buddismo, in Giappone si diffondono precetti religiosi che tendono a limitare il consumo di carne e portano la cucina giapponese a specializzarsi maggiormente nei piatti di pesce. Riso e pesce si incontrano a partire dal 700 d.C., quando si diffuse l’usanza di alternare strati di pesce, sale e riso cotto, schiacciandoli con una grossa pietra per mantenere una pressatura costante ed espellere l’aria. I contenitori venivano poi lasciati a fermentare per un periodo che poteva variare da uno a tre anni. L’acido lattico prodotto dalla fermentazione del riso contribuiva a marinare il pesce, conferendogli un sapore agrodolce. Il riso veniva dunque scartato ed il solo pesce consumato a parte.

Storia cucina Giapponese
Questo tecnica di preparazione, che in ogni regione giapponese ha sviluppato la propria versione, è nota con il nome di nare zushi (sushi fermentato), un termine che si può tradurre come riso fermentato e sopravvive ancora oggi sotto forma di alimenti come la carpa sushi.

Più avanti, nel XV secolo, si sviluppò un nuovo metodo di conservazione del pesce detto namanare zushi (sushi semi-fermentato), che prevedeva un tempo di fermentazione molto più breve. Dopo un solo mese di fermentazione era possibile consumare sia il pesce, che rimaneva così più fresco e dal sapore più gradevole e meno acidulo, che il riso che nella marinatura acquisiva un piacevole retrogusto. Questo nuovo modo di consumare pesce, che permetteva di consumare oltre al pesce anche il riso, non era più una solo forma di conservazione, ma piuttosto un nuovo piatto della cucina giapponese che aveva il grande merito di evitare un inutile spreco di risorse alimentari.

Durante il periodo Edo, nel 1600, con la diffusione di nuovi prodotti derivati, fu introdotto l’aceto al riso per accelerare il processo di fermentazione che ridusse i tempi di preparazione a poche ore. In una sola notte il sushi era pronto per essere consumato. Questa nuova evoluzione del sushi, ancora comune oggi, viene chiamato haya zushi (sushi veloce).

Nel 1700, si diffuse l’hako zushi, la cui preparazione prevedeva la disposizione in una scatola di legno (detta hako) di sottili filetti di pesce su cui veniva posto sopra uno spesso strato il riso e premuto delicatamente con l’aiuto di un coperchio di legno. Il preparato a forma di panetto così ottenuto, viene tagliato a piccoli pezzi rettangolari prima di essere servito. Da qui, come avrete intuito, deriva l’odierno oshi zushi (sushi pressato).

Ad inizio 1800, Hanaya Yohei mise in vendita, nel suo banco sushi a Edo, il nigiri zushi (sushi fatto con le mani), la ricetta più simile al sushi moderno. Si trattava di riso modellato manualmente in forma ovale con una fetta di pesce crudo sopra. Nel corso del XIX secolo la città fu costellata di piccole bancarelle di cibo mobili gestite da venditori ambulanti.

Sushi
Questo tipo di sushi è anche conosciuto come Edomae zushi che deriva dal nome della regione di “Edo”,oggi chiamata Tokyo, dove Yohei aprì il suo negozio.

E’ solo nel ventesimo secolo che nasce il kawari zushi (sushi insolito), un sushi contaminato da ingredienti non tradizionali, per esempio avocado, formaggi morbidi etc., e che poi si diffonderà in tutto il mondo, dando vita a numerose varianti. In particolare, negli anni ’60 numerosi cuochi sushi giapponesi cercarono di fare fortuna negli Stati Uniti in particolare a Los Angeles.

Verso la fine degli anni ’70, la cucina giapponese ha iniziato a diffondersi in Italia, in particolare a Roma, dove per via della presenza delle sedi diplomatiche la presenza straniera era più forte.

 

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